
L’Islanda,“terra dei ghiacci”, mira a superarsi puntando sempre più in “basso”! La tecnica più praticata da questo paese per la produzione di energia elettrica è quella che utilizza le alte temperature del calore interno alla terra. L’obiettivo è quello di oltrepassare le profondità fino ad ora raggiunte dalla tecnica in questione, ovvero la geotermia, con la quale si è arrivati a produrre il 95% dell’energia destinata ai sistemi di riscaldamento.
Terra di ghiaccio, terra di fuoco

L’Islanda è un’isola dell’Europa Settentrionale che si trova nell’oceano Atlantico; è la seconda isola più grande d’Europa e la sua morfologia è fatta principalmente da rocce di origine vulcanica, in prevalenza basaltiche. Il suo nome significa “terra dei ghiacci” proprio perché il ghiaccio è l’elemento che la caratterizza; insieme al ghiaccio e alle pianure glaciali, gli altri elementi caratteristici del territorio sono vulcani, famose sorgenti calde utilizzate per bagni e trattamenti, geyser, particolari formazioni rocciose, infinità di cascate, altopiani, e fiordi.

L’Islanda risulta essere uno dei territori tra i più puliti e senza traccia di inquinamento del pianeta. La sua particolare conformazione fisica, contraddistinta da elementi come ghiacciai (tra cui il più grande del continente) e vulcani, la rendono la cosiddetta “terra di ghiaccio e di fuoco”, predisposta all’estrazione di energia geotermica.
Geotermia ed energia geotermica
La geotermia è la disciplina delle scienze della Terra che si occupa dei fenomeni naturali coinvolti nella produzione e nel trasferimento del calore proveniente dall’interno della Terra. Il calore naturale che proviene dalle profondità della terra è rilasciato dai processi di decadimento nucleare di elementi radioattivi come uranio, torio e potassio, contenuti nel nucleo, nel mantello e nella crosta terrestri. I principi della geotermia sono sfruttati nella produzione di energia elettrica.

L’energia geotermica è considerata una forma di energia alternativa e rinnovabile, se valutata in tempi brevi. Un primo tentativo per la produzione di elettricità venne fatto in Italia, precisamente in Toscana, il 4 Luglio 1904, ad opera del principe Piero Ginori Conti, che sperimentò il primo generatore geotermico. Da lì in poi furono poi realizzate delle vere e proprie centrali geotermiche. L’energia geotermica può essere utilizzata non solo per la produzione di energia elettrica, ma anche per la produzione di energia termica, ovvero di calore e acqua calda.
Vapore “supercritico” da 50 MW
La sfida che l’Islanda si è posta è quella di riuscire a scavare sempre più in profondità, arrivando a sfiorare anche il magma, con l’obiettivo di portare in superficie un calore che sfiori i 500°C di temperatura. La sperimentazione sta avvenendo nella penisola di Reykjanes, a sud-ovest dell’isola, in quella che è la regione in assoluto più vulcanica e quindi anche più promettente.

I ricercatori del Deep Enhanced Geothermal System, stanno perforando la crosta terrestre arrivando ad un profondità che supera quella normale di 2,5 km, raggiungendo quello che viene chiamato “supercritical steam”, ovvero un vapore che sottoposto alle alte temperature e alle pressioni sotterranee, entra in uno stato definito “supercritico”; il vapore allo stato “supercritico” si trova vicino ai serbatoi del magma ed è per questo contraddistinto da un grande valore energetico.
Sembra infatti che si potrebbe riuscire a generare fino a 50 MW (megawatt) di energia elettrica; questo significherebbe avere un sistema 10 volte più efficiente dei tradizionali pozzi geotermici e alimentare 50 mila abitazioni invece che 5 mila.
Profondità rischiose ma enorme potenzialità
Forare la crosta terrestre resta comunque un’operazione molto complessa, molto delicata e anche molto rischiosa, anche perché attualmente non esistono strumenti in grado di vedere dove si sta scavando. La profondità che i ricercatori stanno raggiungendo si avvicinano molto ai serbatoi magmatici, toccarli significherebbe rischiare di provocare dei terremoti di varia entità; grazie però a professionali strumenti geofisici e scientifici e all’approfondita conoscenza del territorio, i rischi dovrebbero essere ridotti al minimo.
Al di là dei rischi e delle incertezze sembra che valga comunque la pena proseguire data l’elevata potenzialità. L’energia elettrica prodotta dal calore della terra a queste temperature sarebbe nettamente superiore a quella prodotta grazie degli attuali pozzi geotermici. Con pochi impianti si otterrebbe più energia elettrica a impatto ambientale decisamente inferiore rispetto all’attuale.

Sembra che il progetto sia in grado di condurre a risultati entro la fine del 2018, dato anche il finanziamento proveniente in parte dall’Unione Europea. L’idea è quella di riuscire a incrementare la geotermia in tutto il continente e anche nel resto del mondo, nel rispetto delle possibilità che ogni territorio permette. Ci sono paesi nei quali non è possibile applicare la tecnica dello geotermia, ma altri, come Italia, Giappone, e Nuova Zelanda, in cui invece è possibile fare molto.